Tutto è deciso: dal 1° dicembre Enrique Peña Nieto sarà il nuovo presidente del
Messico, come lo fu sei anni fa Felipe Calderon, con strascichi giudiziari,
compravendite vere o presunte di voti, minacce di loschi figuri legati ai narcos
a livello locale ed una parte del popolo che alla fine si è rassegnata,
consapevole che non era ancora tempo di cambiamento.
Il Tribunale Elettorale Messicano ha confermato all’unanimità
la piena regolarità delle elezioni e la vittoria di Peña Nieto con sei punti di
vantaggio sullo sfidante Andres Manuel Lopez Obrador del Partito Rivoluzionario
Democratico di sinistra alla sua seconda sconfitta: nessuna irregolarità,
nessuna prova schiacciante di brogli e pressioni per modificare l’esito del
voto (cosa, quest’ultima, che pur acclarata non sarebbe potuta essere motivo di
annullamento). «Non è possibile sottomettere il diritto al capriccio personale,
infrangerlo o snaturalizzarlo», ha detto il presidente del Tribunale Alejandro
Luna chiudendo le speranze a qualsiasi ripensamento.
In realtà un cambio però c’è stato: dal Partito d’Azione
Nazionale uscito con le ossa rotta dal governo fallimentare di dodici anni in
tema di sicurezza al Partito Rivoluzionario Istituzionale che torna al potere
dopo aver governato dal 1921 al 2000, ma ciò che non è cambiato è il dubbio del
marciume della classe politica e sarà difficile che ricorsi, peraltro tutti
respinti, movimenti ed inviti alla disobbedienza civile possano funzionare.
Anzi il pericolo è che possa scaturirne un caos ancora più pericoloso.
Si moltiplicano ora, da un lato gli appelli all’unità del
paese ed all’inizio di un nuovo corso e dall’altro gli inviti alla
disobbedienza civile contro un esito elettorale falsato ed un uomo che ha
conquistato illegittimamente il potere, lanciati dal candidato dell’opposizione
e dal Movimento giovanile di origine universitaria YoSoy132 grande protagonista
del dibattito pre-elettorale e di una seria stagione di contestazione per la
legalità, i diritti e la buona politica.
A poco serve dire però che Enrique Peña Nieto è stato un
candidato-fantoccio supportato dalla grande dittatura televisiva di Televisa ed
Atzeca Tv, se alla fine non ci sarà una vera mobilitazione popolare per
chiedere una riforma televisiva che non incanti i messicani con famose novelas
e personaggi televisivi prestati alla politica e comunque è più importante
accertare se il nuovo presidente sarà quello della mano morbida e della possibile trattativa con i cartelli dei Narcos (dopo la mano dura inutile di Calderon).
In ogni caso non è Lopez Obrador a poter guidare questa
protesta: troppo debole, ormai politicamente vecchio e per giunta sconfitto per
due volte, anche nel 2006 in modo assolutamente beffardo e forse più incerto di
oggi ed inoltre non ha più l’appoggio di molti esponenti del suo partito e di
molti movimenti, che vedono in Marcelo Ebrard, il sindaco di Città del Messico
un nuovo leader per una storica prima vittoria e che nel frattempo hanno
accettato il verdetto del Tribunale Elettorale.
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