mercoledì 12 settembre 2012

Brasile docet: il modo giusto per fermare la crisi è aggredirla




Il metodo, nemmeno tanto eccezionale e segreto, per sconfiggere la crisi è aggredirla e non aspettare e difendersi, facendone pagare le spese ad imprese e persone comuni e frenando di fatto l’economia di un paese condannandola alla recessione in nome dell’austerity e la lezione ai professori europei, esperti di lacrime e sangue, arriva dal Brasile.

Sono tempi duri anche per il gigante dell’America Latina, che quest’anno crescerà molto meno delle previsioni (si parlava di oltre il 4%) con la stima che è stata rivista ancora più al ribasso, intorno all’1,6% e con un incredibile sforzo in termini di spesa che il Brasile dovrà sostenere in vista degli eventi sportivi (Mondiali 2014 ed Olimpiadi 2016) e socio-culturali, alcuni dei quali già sostenuti (Conferenza Mondiale sull’Ambiente di quest’anno e GMG Cattolica il prossimo anno). Eppure nessun passo indietro e nessuna rinuncia, anzi un rilancio.

La presidente Dilma Rousseff ha annunciato un drastico taglio delle tariffe di energia elettrica, pari al 16,2% per i clienti residenziali ed addirittura al 28% per le imprese, misure che devono permettere la ripartenza di consumi ed investimenti, soprattutto quelle delle compagnie interne, che sono diminuiti nella prima metà di quest’anno e che in piena crisi rischiano di rallentare l’intero sistema paese. «Il nostro modello di sviluppo di successo di basa su tre parole magiche: stabilità politica, crescita economica ed inclusione sociale». Insomma siamo stati più fortunati di altri ma se non proseguiremo nella crescita, coinvolgendo tutti, la partita sarà persa.

Questa è soltanto una delle tante misure di aggressione della crisi che potrebbe colpire il paese, portandolo alla crescita zero (anche se le previsioni per il 2013 sono date al rialzo di circa il 4,3% del PIL). Il Banco Central del Brasile ha ridotto al minimo storico i tassi di interesse, fino al 7,5%, il governo ha predisposto un piano di concessioni al settore privato per 66mila milioni di dollari per infrastrutture e reti viarie e ferroviarie con possibili estensione a porti ed aeroporti, in particolare quelli con maggior traffico commerciale, con l’accortezza di evitare i regimi di monopolio creatisi durante la gestione Cardoso.

E poi c’è la strategia di protezione. Il Brasile, con l’autorizzazione del Mercosur, ha aumentato le tariffe sui prodotti fino al 25% per tutelare il mercato interno e per dare un freno alle importazioni ed alla dispersione di vendite fuori del paese ed aumentare invece la domanda interna. I grandi profeti dell’economia mondiale hanno storto il naso parlando di misure altamente protezionistiche, anti-commerciale e causa di forte inflazione. Dal paese sudamericano controbattono che l’inflazione è sotto controllo ed è in fondo in rialzo anche quella europea con misure molto più negative per imprese, cittadini ed anche per l’alta finanza che illude il giorno prima per affossare il giorno dopo.

Le agenzie di rating guardano al Brasile con occhio benevolo. Secondo S&P il rating del paese è BBB (come l’Italia ma in rialzo) e con possibilità di raggiungere l’A nel prossimo anno ed il paese continua a piazzare titoli ed obbligazioni ad interessi storicamente bassi con operazioni globali che riguardano il mercato di Usa, Europa e Cina ed il tutto in stretta collaborazione con Deutsche Bank e BTG Pactual come è avvenuto proprio in questi giorni. Gli investimenti per i futuri eventi poi dovrebbero creare anche un vantaggio sociale ed occupazionale.

Sempre nei giorni scorsi la grande accusa ai paesi sviluppati era arrivata dalla mente economica del Brasile, il ministro Guido Mantega. «I paesi ricchi rinviano la soluzione alla crisi ed adottano misure che stanno deprimendo anche l’economia dei BRICS», ha detto il titolare dell’economia, affermando che il paese dipende molto meno dal mercato internazionale dei capitali e che con le nuove misure la crescita sarebbe ripresa. Ancora una volta dall’economia latinoamericana arriva la sfida alla strategia difensiva dell’austerity, per cui è tanto lodato il duo italiano Draghi-Monti, presto vedremo chi avrà avuto ragione

2 commenti:

  1. io in Brasile ci vivo da tre anni, e l'articolo mi sembra solo propagandistico.
    non in termini di azioni, ma di risultati.
    A discapito dei tanto decantati tassi di interesse abbassati, si paga l'1,5 % al mese su prestiti industriali, se poi parliamo di finanziamenti al consumo arriviamo al 10/12 % mensile.
    Il protezionismo obbliga la maggior parte della gente a consumare prodotti interni di scarsa qualità venduti a prezzi esorbitanti, visto che non c'è concorrenza.
    L'industria è in recessione da ormai un anno e mezzo e solo con la detassazione sulle automobili sono riusciti ad ottenere qualche risultato che tamponasse la caduta del PIL.
    Se poi voglimo inserire nel discorso l'Argentina che praticamente ha chiuso le frontiere a qualsiasi importazione e per le esportazioni devono prima ricevere l'accredito in dollari......si deduce che a breve tutto il continente sud americano sarà nei guai seri...

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  2. Ci sono due scuole di pensiero, caro anonimo (e mi dispiace che sia anonimo). Una dice che in tempi di pericolo e di recessioni ci si difende e l'America Latina si sta difendendo come può (il Brasile meglio, molto meglio dell'Argentina). La concorrenza va bene se la puoi sostenere e non se ti distrugge. L'esempio europeo è lampante. Ormai è un continente importatore, il che vuol dire soffrire sul piano energetico (e non mi sembra sia un problema brasiliano), sul piano finanziario e su quello commerciale. Poi c'è chi dice: competitività, concorrenza e la fa pagare cara ai cittadini a suon di austerity. Ma lei vive in Brasile sulla sua pelle situazioni che non conosco, quindi ne rispetto l'opinione.

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