Il metodo, nemmeno tanto eccezionale e segreto, per
sconfiggere la crisi è aggredirla e non aspettare e difendersi, facendone
pagare le spese ad imprese e persone comuni e frenando di fatto l’economia di
un paese condannandola alla recessione in nome dell’austerity e la lezione ai
professori europei, esperti di lacrime e sangue, arriva dal Brasile.
Sono tempi duri anche per il gigante dell’America Latina, che
quest’anno crescerà molto meno delle previsioni (si parlava di oltre il 4%) con
la stima che è stata rivista ancora più al ribasso, intorno all’1,6% e con un
incredibile sforzo in termini di spesa che il Brasile dovrà sostenere in vista
degli eventi sportivi (Mondiali 2014 ed Olimpiadi 2016) e socio-culturali,
alcuni dei quali già sostenuti (Conferenza Mondiale sull’Ambiente di quest’anno
e GMG Cattolica il prossimo anno). Eppure nessun passo indietro e nessuna
rinuncia, anzi un rilancio.
La presidente Dilma Rousseff ha annunciato un drastico taglio
delle tariffe di energia elettrica, pari al 16,2% per i clienti residenziali ed
addirittura al 28% per le imprese, misure che devono permettere la ripartenza
di consumi ed investimenti, soprattutto quelle delle compagnie interne, che
sono diminuiti nella prima metà di quest’anno e che in piena crisi rischiano di
rallentare l’intero sistema paese. «Il nostro modello di sviluppo di successo
di basa su tre parole magiche: stabilità politica, crescita economica ed
inclusione sociale». Insomma siamo stati più fortunati di altri ma se non
proseguiremo nella crescita, coinvolgendo tutti, la partita sarà persa.
Questa è soltanto una delle tante misure di aggressione della
crisi che potrebbe colpire il paese, portandolo alla crescita zero (anche se le
previsioni per il 2013 sono date al rialzo di circa il 4,3% del PIL). Il Banco
Central del Brasile ha ridotto al minimo storico i tassi di interesse, fino al
7,5%, il governo ha predisposto un piano di concessioni al settore privato per
66mila milioni di dollari per infrastrutture e reti viarie e ferroviarie con
possibili estensione a porti ed aeroporti, in particolare quelli con maggior
traffico commerciale, con l’accortezza di evitare i regimi di monopolio
creatisi durante la gestione Cardoso.
E poi c’è la strategia di protezione. Il Brasile, con
l’autorizzazione del Mercosur, ha aumentato le tariffe sui prodotti fino al 25%
per tutelare il mercato interno e per dare un freno alle importazioni ed alla
dispersione di vendite fuori del paese ed aumentare invece la domanda interna.
I grandi profeti dell’economia mondiale hanno storto il naso parlando di misure
altamente protezionistiche, anti-commerciale e causa di forte inflazione. Dal
paese sudamericano controbattono che l’inflazione è sotto controllo ed è in
fondo in rialzo anche quella europea con misure molto più negative per imprese,
cittadini ed anche per l’alta finanza che illude il giorno prima per affossare
il giorno dopo.
Le agenzie di rating guardano al Brasile con occhio benevolo.
Secondo S&P il rating del paese è BBB (come l’Italia ma in rialzo) e con
possibilità di raggiungere l’A nel prossimo anno ed il paese continua a
piazzare titoli ed obbligazioni ad interessi storicamente bassi con operazioni
globali che riguardano il mercato di Usa, Europa e Cina ed il tutto in stretta
collaborazione con Deutsche Bank e BTG Pactual come è avvenuto proprio in
questi giorni. Gli investimenti per i futuri eventi poi dovrebbero creare anche
un vantaggio sociale ed occupazionale.
Sempre nei giorni scorsi la grande accusa ai paesi sviluppati
era arrivata dalla mente economica del Brasile, il ministro Guido Mantega. «I
paesi ricchi rinviano la soluzione alla crisi ed adottano misure che stanno
deprimendo anche l’economia dei BRICS», ha detto il titolare dell’economia,
affermando che il paese dipende molto meno dal mercato internazionale dei capitali
e che con le nuove misure la crescita sarebbe ripresa. Ancora una volta
dall’economia latinoamericana arriva la sfida alla strategia difensiva
dell’austerity, per cui è tanto lodato il duo italiano Draghi-Monti, presto
vedremo chi avrà avuto ragione