giovedì 23 agosto 2012

Venezuela: il baratro dopo le elezioni?



La battaglia delle promesse sta sortendo ottimi effetti elettorali in Venezuela, ma come sempre accadde ovunque, le promesse sono nemiche della grande finanza e siccome Hugo Chavez è nella lista degli antipatici e spende a spande alla grande, il 2013 si annuncia in salita con svalutazione monetaria e minacce di recessione o forte regressione di crescita, ma andiamo con ordine.

Molti giornalisti hanno definito la campagna elettorale per la presidenza «brutale» e per fortuna non per la violenza, che sembra essere di gran lunga smorzata rispetto alle aspettative ma per l’incredibile tour de force di tutti i candidati, bagni di folla intervallati da proteste anche plateali, lanci di uova ed impegni al rialzo sulla sicurezza (Caracas è una delle città più violente del continente), sui programmi sociali (edilizia popolare anche per le classi medie) e su economia ed energia (promesse di distretti industriali e di nuovi incentivi energetici).

Da una parte il solito super Hugo Chavez, meno super delle scorse volte per via di un tumore alla prostata ma esteso che lo ha costretto a lunghe soste e ad un massiccio utilizzo dei suoi cavalli di battaglia mediatici: la televisione, in particolare Telesur, facebook e twitter con il suo aggiornatissimo #chavezcandanga, dall’altra il golden boy Henrique Capriles, candidato unico delle opposizioni, fra i dieci politici più affascinanti del mondo, appoggiato da Mario Vargas Llosa e dal più noto giornalista venezuelano Teodoro Petkoff.

Proprio il Nobel qualche mese fa ha dato per vincente Capriles in caso di elezioni libere, ma se è vero che i sondaggi ormai sbandano ovunque, è difficile pensare che si possa sbagliare di 12,5 punti percentuali, perché tali sono quelli che dividono Chavez, al 46,8% da Capriles in aumento al 34,3%, un divario quasi irrecuperabile, anche perché il presidente governa a suon di concessioni e non si fermerà almeno fino alla soglia delle elezioni.

Il costo c’è e si inizia già a vedere. La spesa pubblica è stata aumentata del 34% nell’ultimo semestre rispetto ad un anno fa e l’inflazione sta galoppando fino alla cifra record reale del 27%. Il debito esterno è alto ma ancora gestibile a 95,6 miliardi di dollari mentre quello interno è volato fino a 57 miliardi di dollari con un incremento del 47% del PIL a fine anno. Per giunta, nonostante il prezzo del petrolio alle stelle il Venezuela produce ma non riesce a vendere tutto ed il Brasile lo ha perfino superato e l’obiettivo di 5 milioni di barili al giorno è lontano (il paese è fermo a 3 milioni).

Colmo dei colmi: il paese con maggiori riserve petrolifere soffre di carenza di gas e continui collassi energetici e rischia di diventare un paese importatore. Sono in molti a credere che chiunque vinca, proporrà la dura stagione dell’austerity dal 2013, ma è certo che se dovesse vincere Chavez, la finanza internazionale non lo perdonerebbe e condannerebbe il paese ad un durissimo periodo di restrizioni finanziarie, salvo l’aiuto della Cina. 

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