Mancano tre settimane ed i
cittadini non hanno certezze e non sono aiutati né dai sondaggi filtrati,
inesatti, completamente opposti nei loro risultati, né dalle reti sociali mai
come questa volta fulcro di una battaglia impressionante di post e tweet, né
dai media, polarizzati e divisi: chi vincerà il vecchio comunista o il
rottamatore?
Frammenti di campagna
elettorale: da un lato Hugo Chávez, visibilmente indebolito ed emozionato,
mentre viene acclamato a s. Fernando de Apure durante un comizio su un grande
palco dopo il bagno di folla, rigorosamente vestita con maglia roja e la
scritta “Chavez, corazon de mi patria”, attraversata con un camion, come si
rispetta per un leader del popolo. RNV e Telesur nel frattempo rilanciano le
immagini ed i sondaggi che danno il presidente in vantaggio da un minimo di
quindici fino ad un massimo di venti punti di vantaggio con un gradimento
dell’operato governativo pari al 67%.
Sposti lo sguardo
dall’altra parte e vedi i filmati del tour elettorale instancabile (una città
al giorno) di Henrique Capriles Radonski accolto da centinaia di giovani a
Barquisimeto o arringatore delle folle a Caracas, pubblicate su Tal Cual di
Teodoro Petkoff, storico fondatore del Movimento al Socialismo e nemico giurato
di Hugo e trasmesse da Globovision di Gustavo Cisneros (una sorta di Murdoch in
versione venezuelana). Da queste parti è dato per vincente Capriles , in volata
per due punti percentuali, un sorpasso che in altri sondaggi diventa perfino
più grande.
È una campagna elettorale
tesa, a tratti violenta nelle zone periferiche del paese, combattuta a suon di
promesse ed accuse amare: quelle dell’opposizione che annuncia due milioni di
elettori inesistenti nelle liste elettorali è già calcolati nei sondaggi
governativi e denuncia aggressioni ed intimidazioni delle camicie rosse e
quelle di Chavez contro Capriles, che punta il dito contro il massiccio
finanziamento della campagna elettorale da parte di holding petrolifere e
mediatiche americane e di infiltrazioni estere per influire sui risultati.
Ma non ci sono solo
sondaggi. Hugo Chávez sa di giocarsi tanto in questa campagna elettorale, dove
molte delle reali incertezze della popolazione, già viste durante le elezioni
parlamentari del 2010, sono state acuite
dalle notizie sulla sua malattia e dalle sue numerose assenze durante
l’anno, da una situazione socio-economica che non è possibile celare sempre,
specie quando avvengono incidenti petroliferi gravi, razionamenti alimentari ed
interruzioni di energia elettrica. E poi c’è lui, Henrique Capriles Radonski.
Capriles non è un
avversario come tutti gli altri, legati ad un passato militare o sfacciatamente
vicini alle lobbies private del paese e per giunta vecchi e poco carismatici.
Capriles, piacente, notevole oratore, è stato uno dei più giovani a ricoprire
una carica pubblica, sa gestire bene la rete perfino meglio di Chávez e nello
stato di Miranda come governatore è noto per aver creato un suo microcosmo
socialista con edilizia popolare, investimenti in assistenza, educazione e
piani alimentari, al tempo stesso apertissimo alle iniziative private. Non è un
caso che lo appoggino oggi dalla sinistra di Leopoldo Lopez alla destra di
Maria Corina Machado e Pablo Perez, tutti sconfitti alle primarie.
Chávez lo sa bene e per
questo è in vena di confessioni e di preoccupazioni. Qualche giorno fa al
quotidiano ecuadoriano El Comercio dichiarò di aver pensato di dimettersi e
scegliere un successore dopo l’ultimo ciclo di chemioterapie, salvo poi
chiedere aiuto a Dio ed è di questi ore la notizia che avrebbe ammesso davanti
alla sua famiglia ed ai suoi fedelissimi il rischio di una sconfitta. Tanti
giovani non sono più così convinti del socialismo e potrebbero fare la
differenza e dopo molti anni la coperta della rivoluzione rischia di essere
molto corta e le promesse di maggiori esportazioni di petrolio, pur sempre in
rialzo, sembrano non bastare più.
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