martedì 18 settembre 2012

Chi vincerà il vecchio comunista o il rottamatore?




Mancano tre settimane ed i cittadini non hanno certezze e non sono aiutati né dai sondaggi filtrati, inesatti, completamente opposti nei loro risultati, né dalle reti sociali mai come questa volta fulcro di una battaglia impressionante di post e tweet, né dai media, polarizzati e divisi: chi vincerà il vecchio comunista o il rottamatore?

Frammenti di campagna elettorale: da un lato Hugo Chávez, visibilmente indebolito ed emozionato, mentre viene acclamato a s. Fernando de Apure durante un comizio su un grande palco dopo il bagno di folla, rigorosamente vestita con maglia roja e la scritta “Chavez, corazon de mi patria”, attraversata con un camion, come si rispetta per un leader del popolo. RNV e Telesur nel frattempo rilanciano le immagini ed i sondaggi che danno il presidente in vantaggio da un minimo di quindici fino ad un massimo di venti punti di vantaggio con un gradimento dell’operato governativo pari al 67%.

Sposti lo sguardo dall’altra parte e vedi i filmati del tour elettorale instancabile (una città al giorno) di Henrique Capriles Radonski accolto da centinaia di giovani a Barquisimeto o arringatore delle folle a Caracas, pubblicate su Tal Cual di Teodoro Petkoff, storico fondatore del Movimento al Socialismo e nemico giurato di Hugo e trasmesse da Globovision di Gustavo Cisneros (una sorta di Murdoch in versione venezuelana). Da queste parti è dato per vincente Capriles , in volata per due punti percentuali, un sorpasso che in altri sondaggi diventa perfino più grande.

È una campagna elettorale tesa, a tratti violenta nelle zone periferiche del paese, combattuta a suon di promesse ed accuse amare: quelle dell’opposizione che annuncia due milioni di elettori inesistenti nelle liste elettorali è già calcolati nei sondaggi governativi e denuncia aggressioni ed intimidazioni delle camicie rosse e quelle di Chavez contro Capriles, che punta il dito contro il massiccio finanziamento della campagna elettorale da parte di holding petrolifere e mediatiche americane e di infiltrazioni estere per influire sui risultati.

Ma non ci sono solo sondaggi. Hugo Chávez sa di giocarsi tanto in questa campagna elettorale, dove molte delle reali incertezze della popolazione, già viste durante le elezioni parlamentari del 2010, sono state acuite  dalle notizie sulla sua malattia e dalle sue numerose assenze durante l’anno, da una situazione socio-economica che non è possibile celare sempre, specie quando avvengono incidenti petroliferi gravi, razionamenti alimentari ed interruzioni di energia elettrica. E poi c’è lui, Henrique Capriles Radonski.

Capriles non è un avversario come tutti gli altri, legati ad un passato militare o sfacciatamente vicini alle lobbies private del paese e per giunta vecchi e poco carismatici. Capriles, piacente, notevole oratore, è stato uno dei più giovani a ricoprire una carica pubblica, sa gestire bene la rete perfino meglio di Chávez e nello stato di Miranda come governatore è noto per aver creato un suo microcosmo socialista con edilizia popolare, investimenti in assistenza, educazione e piani alimentari, al tempo stesso apertissimo alle iniziative private. Non è un caso che lo appoggino oggi dalla sinistra di Leopoldo Lopez alla destra di Maria Corina Machado e Pablo Perez, tutti sconfitti alle primarie. 

Chávez lo sa bene e per questo è in vena di confessioni e di preoccupazioni. Qualche giorno fa al quotidiano ecuadoriano El Comercio dichiarò di aver pensato di dimettersi e scegliere un successore dopo l’ultimo ciclo di chemioterapie, salvo poi chiedere aiuto a Dio ed è di questi ore la notizia che avrebbe ammesso davanti alla sua famiglia ed ai suoi fedelissimi il rischio di una sconfitta. Tanti giovani non sono più così convinti del socialismo e potrebbero fare la differenza e dopo molti anni la coperta della rivoluzione rischia di essere molto corta e le promesse di maggiori esportazioni di petrolio, pur sempre in rialzo, sembrano non bastare più.  

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